
L’operatività avviene mediante acquisto e/o vendita delle opzioni, sia call che put, in modo da costruire strutture più o meno complesse, aventi lo scopo di ottenere il miglior rapporto fra rendimento e rischio in funzione delle molteplici condizioni di mercato (rialzo, ribasso o fasi laterali).
Il primo obiettivo che una strategia deve soddisfare è quello di ottenere il più basso rischio in rapporto al rendimento (risk/reward) e di conseguenza proteggere il capitale investito, anche nel caso in cui il mercato non soddisfi le aspettative che avevano portato ad aprire una data posizione: viene cioè data massima importanza al money management e al risk management, sia mediante monitoraggio costante delle posizioni aperte (ed eventuali modifiche della struttura, chiudendo alcune posizioni e aprendone altre), sia soprattutto utilizzando in partenza un protocollo che prevede combinazioni di opzioni in cui alcune posizioni hanno intrinsecamente e in modo “automatico “ la funzione di controbilanciare, con i guadagni che possono generare, eventuali perdite subite da altre posizioni.
Fattori statistici che rendono le opzioni intrinsecamente poco rischiose e maggiormente remunerative:
Paragonate al trading con azioni o futures, le strutture di opzioni offrono (ovviamente se ben concepite) dei vantaggi intrinseci, che permettono di operare con le probabilità statistiche costantemente a nostro favore, sia dal punto di vista della protezione del capitale (minore rischio) che da quello del guadagno:
1) le opzioni sono gli unici strumenti finanziari che permettono di lavorare utilizzando a nostro favore ogni tipo di mercato: al ribasso ed al rialzo, ma anche le fasi laterali, in cui il mercato non ha una precisa direzione
2) operando con strutture che contengono opzioni “a copertura del rischio“, possiamo introdurre a priori nella struttura una condizione che limita automaticamente la massima perdita possibile (worst case position), anche in casi di drammatici ribassi, ad esempio legati ad attentati o a eventi gravemente destabilizzanti: concettualmente ha delle analogie con lo stop loss, ma è più efficace, in quanto non deve scattare nessun ordine di chiusura posizioni: intrinsecamente alla struttura , per semplici regole di algebra , è già previsto , qualunque possa essere il ribasso , la massima perdita che tale struttura può subire; questo anche in casi (poco probabili ma pur sempre possibili) di impossibilità di operare perché ad esempio i mercati sono chiusi: qui la struttura si autoprotegge comunque, mentre un eventuale stop loss su posizioni in azioni o futures scatterebbe solo la mattina dopo, senza garanzie di preservare la quota prestabilita di capitale, ad esempio in casi di apertura in forte gap down.
3) lavorando con strutture composte prevalentemente da opzioni vendute (ma con presenti, sempre, le opzioni a copertura del rischio), il fattore tempo gioca a nostro favore: sia che siamo al rialzo, che al ribasso, che neutrali rispetto al mercato, il decadimento temporale delle opzioni ne diminuisce, giorno per giorno, il valore: quando dovremo ricomprarle, a parità di altre condizioni, per il semplice fattore tempo, le pagheremo comunque meno rispetto al prezzo a cui le abbiamo vendute, realizzando un gain.
4) Se ben concepite, le strutture direzionali (al rialzo oppure al ribasso), non avendo, al contrario ad es. dei futures, una correlazione diretta (lineare, con rapporto 1 a 1 rispetto all’indice di riferimento), bensì variabile in funzione della distanza tra la base (strike) dell‘opzione rispetto all‘indice (detto sottostante dell’opzione), offrono la possibilità di essere “autoproteggenti“ rispetto alle variazioni del mercato: in pratica, se si assume una posizione rialzista e il mercato ci dà ragione, il nostro guadagno sarà maggiore rispetto all’indice di riferimento (ad es.: se l’ indice S&P 500 si apprezzerà di 10 punti noi potremo guadagnare 600$), perché la nostra struttura si autorafforza, aumentando automaticamente la sua correlazione con il sottostante (l’indice); viceversa (e talvolta, anche se poco frequentemente, succede), se il mercato prende la direzione opposta a quanto auspicato (ferme restando tutte le possibilità di intervenire e modificare la struttura), la nostra struttura si autoindebolisce, cioè riduce automaticamente la correlazione con il sottostante: a fronte di una ipotetica discesa dell’indice di 10 punti, la nostra struttura perderà valore per soli 400$. La correlazione della struttura in opzioni varia in modo automatico rispetto al sottostante, per effetto delle leggi matematiche che governano la sua reazione alle variazioni dei prezzi.
5) Le strutture di opzioni offrono un’ampia gamma di possibilità di modifica e adattamento alle condizioni del mercato (follow up delle strutture), nelle sue sfumature: non siamo costretti a semplici stop loss o take profit, ma possiamo adeguare “in corso d’opera“ le strutture: grazie alla loro duttilità esse possono assumere, con poche variazioni, connotazioni ed es. “moderatamente“ oppure “decisamente“ rialziste o ribassiste, oppure neutrali e poco sensibili alle variazioni di mercato.
Grazie a questi punti di forza una corretta e professionale operatività offre UN COSTANTE VANTAGGIO STATISTICO: qualunque siano le condizioni di mercato, abbiamo sempre maggiori possibilità di conseguire guadagni che perdite.
Quindi, anche (per assurdo) operando sui mercati in maniera del tutto casuale, avendo le probabilità statistiche costantemente a nostro favore, conseguiremmo comunque dei guadagni.
Ovviamente esistono delle operatività ben più efficaci e remunerative rispetto al lancio di una monetina, ma comunque (operando ovviamente con l’ausilio dell’analisi tecnica, etc.), i guadagni conseguiti con le opzioni, a parità di operatività prescelta, garantiranno sempre minore rischio e maggiore guadagno, portando il grafico degli utili (equity line) ad assumere una linea (ovviamente verso l’alto) con ribassi transitori di minore entità: una linea meno frastagliata con guadagni più costanti.
Modalità dell’ operatività
Vengono utilizzati specifici software di analisi tecnica e statistica che consentono di ottenere buoni profitti con bassi rischi sia in condizioni di mercato direzionale (indifferentemente rialzista o ribassista) sia in fasi laterali (trading range, nei quali l’indice non segue nessun trend).
In particolare vengono utilizzati software che permettono di evidenziare e seguire il trend in atto e che permettono di individuare le strategie e le sottostrategie con minor rischio e maggiore possibilità di gain; ovviamente combinati alla discrezionalità derivante da anni di esperienza nel trading (e quindi con la capacità di correlare i vari mercati e fattori quali cambi, tassi di interesse, dati macroeconomici e societari, prezzi di materie prime quali il petrolio, etc in funzione dei prezzi del nostro mercato di riferimento).
Quindi, in presenza di un trend possiamo usufruire di opportunità (come già detto, sia al rialzo che al ribasso); i software e i dati in tempo reale che usiamo sono quelli degli investitori istituzionali, ed elaborati mediante i più avanzati software di analisi. Questo è un importante vantaggio, in quanto sono gli investitori istituzionali (banche, fondi, hedge, etc.) che determinano le tendenze di mercato: avendo questa informativa possiamo muoverci nella stessa direzione con lo stesso timing (semplificando: andando al rialzo o al ribasso in accordo con i tempi degli acquisti o delle vendite massicce effettuati dai grossi istituzionali americani, banche e fondi di investimento, anziché accodandoci per ultimi, magari proprio quando il trend è prossimo ad esaurirsi).
Quando invece un trend non c’è e la Borsa si muove senza direzione, le opzioni, grazie al loro decadimento temporale, permettono comunque di guadagnare: individuato un trading range, cioè una coppia di livelli (uno inferiore e uno superiore) entro i quali i prezzi si muovono, è possibile utilizzare il decadimento temporale delle opzioni per ottenere gain; qualora il mercato riprendesse direzionalità verrà modificata la struttura secondo precisi protocolli, in modo di adeguarla prontamente alle diverse condizioni di mercato.
I software di analisi tecnica e statistica permettono quindi, unitamente all’esperienza, di ottenere segnali di vendita o acquisto; in merito al tipo di strutture e quindi di opzioni da utilizzare, siamo agevolati dall’utilizzo combinato di diversi software di analisi statistica: ad es. essendo in possesso delle serie storiche di tutti i prezzi e le volatilità dal 1998 (costantemente aggiornati in tempo reale), possiamo, prima di applicare una struttura alle condizioni attuali di mercato, testarla su periodi del recente passato che abbiano determinate analogie con il presente e da qui affinare la migliore struttura per risk/reward.
Possiamo quindi rapportare la volatilità storica con quella implicita, che influenza il prezzo delle opzioni, possiamo calcolare sia quella reale di mercato, sia quella teorica (e di conseguenza ottenere informazioni di pricing, cioè determinare il prezzo teorico di una opzione e in ultima analisi avere dati precisi in merito a quanto è valutata dal mercato: sapremo se è “cara“ oppure “a buon prezzo“, e anche queste valutazioni influiranno sui segnali operativi: ad es. se, a parità di altri parametri un’opzione è cara, potrà essere conveniente venderla per poi magari ricomprarla a prezzi minori, oppure, in generale, potranno essere implementate strutture “di vendita“ o “di acquisto“ di volatilità).
Altri software permettono, ancor prima di aprire una posizione, di stabilire quale sarà il break even, il punto di pareggio tra profitto e perdita, al variare dell’indice di riferimento (il sottostante), alla volatilità implicita e al trascorrere del tempo; possiamo calcolare in tempo reale le cosiddette “greche“ (i parametri che influenzano il valore di una opzione al variare dei prezzi, della volatilità, del tempo, etc.): ciò aiuterà a ottimizzare la struttura.
Utilizziamo anche simulatori di marginazione, cioè software che ci consentono di conoscere in anticipo, prima di aprire materialmente una struttura, quanta liquidità verrà richiesta dal broker, in modo da poter adeguare dimensionalmente la struttura, mantenendo una adeguata liquidità; ciò si rende utile anche in caso di modifiche a strutture già aperte.
Le opzioni hanno una scadenza mensile (terzo venerdì di ogni mese), ma non necessariamente le strutture durano un intero mese o più: l’operatività può essere anche di più breve periodo, per cogliere anche i trend minori e per contrastare più rapidamente eventuali condizioni indesiderate: ciò permette di essere quasi indifferenti, e quindi non necessariamente correlati, all’andamento della borsa: non ci interessa dove saranno gli indici fra 2 mesi (anche se ovviamente, nel caso di trend primari che durino più mesi, non si farà altro, passando da una scadenza delle opzioni a quella successiva, che “lasciare correre la posizione in gain“, con tecniche simili per analogia al trailing stop, per proteggere comunque, anche a posizioni aperte, il gain man mano conseguito).
Inoltre i possibili loss (le perdite) saranno sempre di piccole dimensioni, tali da non intaccare sensibilmente il capitale: un nostro protocollo utilizzato per le fasi in trend, applicato ai 7 anni tra il 1998 ed il 2004, su un capitale virtuale di 100.000 euro (sul mercato Eurex di Francoforte) ha generato un massimo drawdown (serie consecutiva di perdite) di 4.650 euro (per paragone, la stessa operatività, applicata però utilizzando un future Eurostoxx 50 ha dato luogo a un max drawdown all’incirca triplo, con un guadagno inferiore del 40% circa). Essendo stata questa la situazione peggiore, l’equity line (cioè il “grafico di Paperone“ che descrive i guadagni nel tempo) risulta estremamente lineare, con periodi di guadagni non interrotti da grosse perdite: in sette anni la peggiore situazione in assoluto è stata quella di vedere il conto diminuire di 4.650 euro, a fronte di periodi in cui esso è cresciuto di oltre il triplo senza interruzioni.
In realtà la situazione è maggiormente favorevole, in quanto non è possibile quantificare ” facendo girare“ un programma statistico, i guadagni generati dalla operatività non direzionale, attuata mediante strutture atte ad apportare profitti nelle fasi laterali (che durano per circa il 70% del tempo in cui la borsa è aperta), bensì solo quelli derivanti da operatività direzionale: quindi, poiché le due operatività coesistono, la curva dei profitti è ancora più favorevole e meno frastagliata.
PERCHE OPERARE SUL MERCATO USA
Perché dapprima il mercato italiano e, da circa un anno anche quello europeo (Eurostoxx) stanno diventando sempre più “sottili“: sempre meno scambi e sempre maggiori spread (differenza tra prezzo di acquisto e di vendita); la scarsità di operatori fa si che il mercato sia in mano ai market makers, investitori istituzionali che “fanno prezzo“ al fine di garantire una costante liquidità dello strumento finanziario.
Ovviamente se un trader ha come controparte un computer posseduto da una banca, non sarà certo lui a decidere il prezzo e avremo sempre uno svantaggio tra quanto i softwares previsionali (che in genere calcolano un prezzo medio tra denaro e lettera) e quanto effettivamente realizzato a posizioni chiuse – queste perdite possono incidere anche per oltre il 10% sull’operatività.
Mercati USA: il CBOE – Chicago Board of Exchange – dove si scambiano le opzioni su azioni ed indici – è la maggiore borsa mondiale, solo dopo vengono NYSE, NASDAQ, altre Borse USA oltre a vari ECN, circuiti alternativi.
Gli USA, soprattutto dallo scoppio della crisi sono ulteriormente migliorati in tema di stock exchanges, fornendo la più efficiente, trasparente ed economica infrastruttura, messa a disposizione degli investitori e delle aziende quotate di tutto il mondo: troveremo quindi ad es. Luxottica, Petrobras (oil brasiliano), Baidu (il Google cinese), etc.: quando operiamo sugli Usa in realtà possiamo scambiare strumenti finanziari in modo globale.
I volumi di scambi di conseguenza sono migliaia di volte maggiori rispetto a qualsiasi altra borsa: ciò significa maggiore concorrenza.
Molti traders che hanno come controparte altri traders (i market makers ci sono, ma anche qui sono in concorrenza fra loro e operano soprattutto su titoli secondari) troveranno più facilmente prezzi aderenti alle reali condizioni di mercato, essendoci poche possibilità di falsare attimo per attimo il pricing.
Inoltre lo spread è tanto ridotto che quando si apre una posizione, spesso “si applica“ cioè la piattaforma di negoziazione calcola automaticamente il “combo“, cioè la combinazione di 2 o più strumenti finanziari, dandone il prezzo da pagare o da incassare per aprire la posizione e, da subito, quello che si pagherebbe o incasserebbe per chiuderla oppure a scadenza: di conseguenza non ci sono i costanti fenomeni di “mispricing“ dell’Eurostoxx, per esempio – se facciamo una proiezione sapremo che il premio sarà esattamente quello, sia per aprire che per chiudere una posizione.
Altro elemento fondamentale è l’enorme quantità di azioni americane: possiamo permetterci, usando specifici scanners e rankers di scegliere tra molteplici possibilità, differenziando i sottostanti e diversificando per settori, diminuendo di molto l’esposizione al rischio.
Operando spesso in condizioni di hedging (cioè di bilanciamento tra posizioni rialziste e ribassiste, sempre al fine di ridurre il rischio), sceglieremo per le posizioni ribassiste azioni che stanno sottoperformando l’indice o il settore e faremo il contrario per le posizioni long scegliendo sottostanti in ottima salute.
Disclaimer:
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