
Uno dei termini più utilizzati nella cronaca degli ultimi giorni, alla luce delle tensioni vissute dai mercati finanziari, è quello di “spread btp-bund”.
Tra gli economisti è una parola tra le più semplici e meno sofisticate nel proprio vocabolario, ma fino a qualche giorno fa sconosciuta ai semplici lettori e appassionati di finanza.
Ma che cos’è lo spread Btp Bund?
Semplicemente il differenziale di rendimento tra Btp e Bund. I Bund, sono i titoli di Stato della Germania, Paese considerato più solido in Europa e tra i primi al mondo sia per crescita che per rigore di bilancio.
Se pertanto il rendimento di un titolo di Stato si allontana molto da quello del Bund, vuol dire che è percepito un maggior rischio da parte degli investitori. Usualmente come metro si misura vengono presi i rendimenti a 10 anni. Oggi ad esempio il differenziale di rendimento tra i Btp italiani e i Bund tedeschi si attesta a 500 punti (cioè il 5%), che vuol dire che l’acquisto di titoli italiani offre rendimenti del 5% maggiori di quelli tedeschi.
Il motivo? Sicuramente non perché Babbo Natale regala performance, ma in quanto c’è un rischio atteso di default maggiore sui titoli di Stato italiani che su quelli tedeschi. La parola default, in questo periodo terribilmente abusata da giornalisti poco competenti necessità di un’attenta interpretazione. Qualsiasi obbligazione o titolo di Stato ha un rischio default, che può essere basso come nel caso di Germania e Usa o alto come nel caso della Grecia.
Uno degli strumenti utilizzati per definire il rischio default di uno stato, benché molto chiacchierato nell’ultimo periodo, è il rating emesso da apposite agenzie e che attribuisce un giudizio sintetico che va dalla tripla A alla D (di Default).
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