Investire sui Paesi emergenti: come e dove?

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Negli ultimi anni i Paesi emergenti hanno vissuto una fase di forte espansione, a cui si contrappone il progressivo declino dei Paesi occidentali. La solidità dei fondamentali, con crescita sostenuta, conti pubblici in ordine, robusto trend di crescita degli utili societari,  sono stati la chiave per il successo registrato negli ultimi anni. Ma emergenti non vuol dire solo BRIC (Brasile, Russia, India e Cina), mercati ormai sviluppati, in quanto ci sono altri Paesi che hanno un potenziale di crescita ancor più accentuato.

I Paesi emergenti contribuiscono oggi al 50% del Pil mondiale, con un trend in continua crescita tanto che nei prossimi anni sono destinate a modificarsi importanti tendenze. In realtà anche nei Paesi occidentali si guarda con interesse a queste aree tanto che le più grandi imprese si sono oramai insediate in questi contesti o li hanno inquadrati tra i loro principali mercati di sbocco. C’è sempre più una mole di risorse che partendo dai Paesi occidentali, per l’una o l’altra ragione, viene dirottata in queste aree. Mediamente, tra le grandi imprese (indice Dj stoxx 600), dal ’90 ad oggi, la quota di fatturato realizzata nei mercati emergenti è passata dal 9% al 20%, con punte che superano il 50%.

Come investire nei Paesi emergenti? Per la stragrande maggioranza degli investitori retail non è possibile selezionare singole azioni di questi Paesi e poter eseguire delle transazioni. In realtà anche se fosse possibile, si tratterebbe di un’operazione poco opportuna in quanto difficilmente si riuscirebbero ad avere le notizie e le informazioni che possano consentire un’analisi pertinente. L’ideale è investire su asset che garantiscono un’elevata differenziazione sia a livello geografico che di settore, e al cui interno vi sono un’elevata quantità di titoli. Gli strumenti più efficaci sono i Fondi e gli Etf. I primi hanno mostrato una maggior efficienza  a livello di  performance, ma l’investitore che opera autonomamente, quindi senza il supporto di un consulente, preferisce gli ETF che replicano passivamente un sottostante senza effettuare una gestione attiva con stock picking. Secondo una recente analisi di Morningstar gli ETF hanno sovraperformato il mercato solo 4 anni su 10, mentre i fondi 8 anni su 10. Il differenziale di rendimento è notevole.

Nel corso degli anni scorsi tra i diversi analisti si è creato un acceso dibattito: conviene investire direttamente nei Paesi emergenti oppure è preferibile farlo in imprese occidentali che generano un’importante fetta del proprio fatturato in quelle aree?

A inizio estate è stato pubblicato un report che snocciolava le performance conseguite nell’uno o nell’altro approccio.

Goldman Sachs per studiare gli andamenti di quest’ultime ha creato un indice denominato BRICs Nifty 50 Developed Markets, dove la media di fatturato prodotto in aree emergenti  è pari al 29%.

Il risultato conseguito negli ultimi 5 anni dall’indice è stato pari al 6% contro il -5% dell’S&P 500, ma nettamente inferiore al +45% realizzato dall’indice MSCI Emerging Markets.

Un altro dubbio frequente è se conviene investire su singoli Paesi emergenti o in maniera globale sull’area. Chiaro che in questo caso una risposta univoca non esiste e dipende principalmente dalle risorse dell’investitore e dalle capacità di analisi. Investire in una singola area sicuramente comporta un maggior rischio/rendimento rispetto ad un approccio globalizzato.

Infine un altro dilemma è investire sui bond o sulle azioni dei Paesi emergenti? Negli ultimi anni entrambi hanno assicurato soddisfazioni agli investitori, seppur con un differente livello di rischio/rendimento. A livello obbligazionario, ci sono soluzioni corporate e governative. Va segnalato che lo spread di questi Paesi rispetto a quelli occidentali si sta notevolmente riducendo negli ultimi anni, e la tendenza dati i fondamentali, potrebbe ulteriormente ridursi.

Ci sono poi delle sintesi, date da investimenti bilanciati che consentono un’esposizione intermedia tra quella azionaria ed obbligazionaria,  ma su questo elemento è cruciale il profilo dell’investitore.

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